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Organizzazioni Positive in evoluzione – UNIDEA

Di Team UNIDEA

UNIDEA è un’organizzazione impegnata nella promozione della cultura digitale, offrendo a Scuole, Famiglie e PA Locali, modelli e contenuti per diventare ed educare Cittadini Digitali Consapevoli

Questa intervista è stata scritta da un gruppo di volontari di UNIDEA, tra cui alcuni entrati in associazione da pochi mesi. È stata realizzata come esercizio di consapevolezza collettiva, un modo per riflettere insieme sulla cultura organizzativa e sul percorso che stanno facendo.

Perché è nata l’azienda e qual è il suo scopo?

UNIDEA è nata nel dicembre 2019 da sette ragazzi e ragazze under 30, con background informatici e di content creation. Sentivamo l’urgenza di contrastare il caos digitale, soprattutto sui social, dove circolano contenuti diseducativi accessibili anche a bambini e adolescenti.

Abbiamo presto compreso che il divario digitale non riguarda solo la velocità delle connessioni, ma è anche, e soprattutto, la capacità delle persone di muoversi online con sicurezza e consapevolezza.

Il nostro scopo è ridurre questo divario con modelli di educazione digitale aperti: li co-progettiamo con scuole, famiglie, pubbliche amministrazioni e aziende; li testiamo insieme e li rendiamo disponibili perché possano essere adattati e fatti propri.

Il cambiamento, per essere autentico, deve essere sistemico e collettivo.

Il nostro purpose è chiaro: rendere il digitale più umano –Yes Digital, but Human!

I vostri collaboratori: quanto sono consapevoli, coerenti ed allineati allo scopo dell’organizzazione? In base a cosa potete affermarlo?

Chi entra in UNIDEA lo fa con il desiderio di apprendere e di mettersi al servizio degli altri. Ogni nuovo volontario partecipa a un percorso di orientamento e a un periodo di prova, in cui sperimenta in modo diretto la nostra cultura e i nostri valori: empatia, inclusione, rispetto, solidarietà, comunità e umanità.

Abbiamo una solida cultura del feedback e questo ci permette di mantenere un allineamento costante allo scopo comune.

Come è normale che sia, non tutti trovano in UNIDEA il contesto giusto: chi non è in sintonia con i nostri valori tende ad allontanarsi in modo spontaneo. Non lo viviamo come una perdita, ma come un processo naturale.

Ad ogni modo ognuno si porta nel cuore l’esperienza vissuta pur breve che possa essere.

Un rituale che rafforza questo senso di appartenenza è il Thank You Day: ogni mese ringraziamo pubblicamente i piccoli e grandi contributi di ciascuno.

È un momento emozionante che nel tempo ha riattivato anche volontari che si erano allontanati.

Come selezionate, inserite e formate i collaboratori, in particolare manager/leader?

Non parliamo di selezione, ma di orientamento. Chi risponde a un nostro annuncio partecipa a una sessione collettiva in cui raccontiamo chi siamo, come funzioniamo e quali sono i nostri valori. Solo dopo si parla di attività. Chi vuole prova a entrare in un team: nessun vincolo, solo un periodo di reciproca conoscenza. Alla fine, si sceglie liberamente se restare o meno.

Non ci sono né colloqui individuali né nomine dall’alto: i leader emergono da sé.

In UNIDEA la leadership è un processo di facilitazione: chi riesce ad accendere lo scopo negli altri e a facilitare i processi è riconosciuto come tale dalla comunità.

Un esempio concreto arriva dalla riorganizzazione del 2022. I tentativi “classici” portavano sempre alla stessa conclusione poco sostenibile: servivano più volontari.

Concentrarci a cercare sempre nuove persone, in passato ci aveva distolto dal dedicare la giusta attenzione ai team già presenti. In questa occasione abbiamo quindi scelto un approccio diverso, partendo non dai ruoli, ma dalle persone e dalle loro attitudini.

Così il Direttore Generale è diventato un ruolo dedicato a persone e cultura, il Segretario si è trasformato in CTO e il Tesoriere è stato adattato a un ruolo amministrativo flessibile.

Il risultato è stato sorprendente: pur senza le competenze “sulla carta”, il nuovo direttivo è cresciuto sul campo e ancora oggi guida UNIDEA con spirito condiviso, mantenendo ferma la missione comune.

La stessa filosofia la si è applicata anche per tutte le persone al di fuori del Consiglio Direttivo.

Come vengono valutate le persone e come le premiate?

Abbiamo abbandonato i sistemi tradizionali di valutazione e premi. Preferiamo parlare di valorizzazione.

Lo facciamo in tanti modi: con il Thank You Day, con gli Heroes Days: giornate di comunità in cui raccontiamo successi, fallimenti e bisogni emersi nei sei mesi precedenti, e con i Feedback Party, momenti informali in cui ci scambiamo feedback in modo leggero ma profondo.

Ogni riconoscimento celebra il contributo unico di ciascuno e l’impatto collettivo senza stabilire una classifica tra le persone.

Il vero “premio” in UNIDEA è sentire che ciò che facciamo genera impatto.

Una volontaria lo ha espresso così: “La più grande gratificazione è riconoscere l’effetto che le nostre azioni hanno sugli altri.”

 

Quali processi, procedure, pratiche, iniziative e politiche sono presenti in azienda per favorire il benessere delle persone e un ambiente positivo?

Il benessere è al centro del nostro modello e lo coltiviamo con pratiche quotidiane e processi collettivi:

  • feedback continui e momenti di retrospettiva;
  • un approccio partecipativo basato sul design thinking;
  • percorsi di gestione dei conflitti che trasformano le difficoltà in occasioni di crescita.

All’inizio, i “non detti” creavano un clima teso e poco sereno. Per questo abbiamo scelto di investire sulla cultura del feedback, rendendola parte integrante della nostra idea di leadership e comunicazione positiva.

Oggi in UNIDEA c’è piena libertà di parola: chi è appena arrivato può esprimere con facilità le proprie opinioni, critiche comprese.

Dal 2024, con il supporto di volontari coach, abbiamo arricchito questo percorso con gli Heroes Days: momenti in cui l’associazione si ferma per raccontare successi e ostacoli, chiedere aiuto e condividere buone pratiche.

Una nuova volontaria, inizialmente disorientata e incerta se continuare, proprio grazie a questi spazi ha ritrovato fiducia e senso di appartenenza. La sua esperienza ci ha confermato quanto sia importante offrire luoghi sicuri di ascolto e condivisione.

Cosa fate in particolare per far sentire le persone: sicure e stabili; positive, soddisfatte e ispirate; connesse tra loro e coinvolte?

La nostra ricetta è semplice: trasparenza, ascolto e gratitudine.

Rendiamo pubblica ogni informazione, anche economica, perché la sicurezza nasce dalla fiducia.

Un episodio significativo lo racconta bene: “Per anni il bilancio era gestito solo dal direttivo. Poi abbiamo deciso di aprirlo. Oggi, all’inizio di ogni anno, si costituisce una task force di volontari che costruisce e presenta il bilancio a tutta la comunità. Non è più ‘il loro bilancio’, ma ‘il nostro’. La fiducia è cresciuta enormemente.”

Inoltre, creiamo spazi di connessione come i Netcamp (il nostro team building annuale), gli Heroes Days e i progetti trasversali tra città. Infine, pratichiamo un ascolto autentico: anche chi ha poco tempo o vive un momento difficile viene visto e riconosciuto.

È così che costruiamo stabilità e ispirazione.

Come misurate la felicità nell’organizzazione?

Non abbiamo ancora un sistema scientifico, ma raccogliamo regolarmente feedback tramite survey e momenti di condivisione. Usiamo anche indicatori indiretti: il numero di iniziative spontanee, la partecipazione ai momenti collettivi, l’energia che emerge dalle retrospettive.

La storia di un giovanissimo volontario arrivato nel 2022, tramite un’esperienza di PCTO (ex alternanza scuola-lavoro) rende bene l’idea. Timido e riservato, al primo Netcamp osservava da lontano, quasi invisibile. Con il tempo si è lasciato coinvolgere, fino a diventare uno dei volontari più attivi e il primo vero ambassador del nostro modello di self-management.

Oggi prende parola nei workshop, agisce senza attendere ordini e si sente parte di un gruppo in cui non è giudicato.

La sua trasformazione personale è uno dei nostri indicatori più preziosi di felicità.

Cosa fate per promuovere felicità e benessere nell’ambiente in cui operate?

Il nostro approccio si basa su due principi: lasciare sempre uno spirito positivo in ciò che facciamo e non mettere pressioni indebite.

Lo facciamo sia internamente (con mail di ringraziamento, spazi di confronto e rituali collettivi) sia esternamente, nei contenuti e nei progetti.

Anche i podcast o i laboratori sono pensati per lasciare strumenti utili e una visione positiva.

Crediamo che promuovere felicità significhi soprattutto creare contesti di fiducia e leggerezza, dove le persone possano sentirsi accolte e ispirate.

Quali indicatori utilizzate per misurare il successo dell’organizzazione?

Non utilizziamo KPI rigidi. Per noi il successo si misura attraverso tre lenti:

1. il raggiungimento degli obiettivi auto-assegnati e il modo in cui li raggiungiamo: con entusiasmo o con stress?;

2. i feedback degli stakeholder: se scuole, famiglie, PA o aziende continuano il percorso da sole dopo un incontro, significa che l’impatto è reale;

3. il numero e la qualità delle iniziative realizzate: laboratori, eventi, collaborazioni.

La nostra filosofia è chiara: fiducia e autenticità invece di KPI.

Quando abbiamo smesso di rincorrere indicatori rigidi, si sono aperte nuove opportunità tra finanziamenti internazionali e partnership aziendali che non avremmo potuto prevedere.

La fiducia nelle persone e nei processi ha creato più risultati di qualunque KPI.

Quali sono secondo voi le sfide, gli ostacoli o le resistenze da affrontare nel percorso di costruzione di un’organizzazione positiva che metta davvero al centro le persone?

Le sfide principali sono culturali.

Passare da “qualcuno deciderà” a “posso decidere io” richiede tempo, allenamento e fiducia.

Un’altra difficoltà è legata al volontariato: il poco tempo a disposizione e il doversi muovere tra due culture, quella aziendale (spesso basata su logiche direttive) e quella di UNIDEA, fondata sul self-management, può essere spiazzante.

C’è poi la questione della coerenza: tradurre i valori in scelte operative, anche quando significa rinunciare a partnership non allineate.

La sfida più grande, però, è mantenere viva la nostra capacità di ascolto e di metterci continuamente in discussione. È ciò che ci permette di crescere come Organizzazione Positiva, giorno dopo giorno.

Questo approccio richiede tempo e risorse e lavorare su questi aspetti non è semplice, ma è ciò che permette di creare un ambiente di lavoro in cui le persone si sentano riconosciute, motivate e parte attiva di un progetto comune.

 

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Le storie che condividiamo su questo sito sono testimonianze di organizzazioni “in evoluzione” verso il modello culturale dell’Organizzazione Positiva per uno o più elementi del loro agire che riteniamo interessanti e significativi rispetto a tale modello. 
Teniamo a ricordare che non esiste un’organizzazione 100% positiva così come non esiste una 100% negativa poiché ogni organizzazione è un organismo che interagisce e cambia continuamente in relazione al contesto esterno e a dinamiche interne. 
È per questo che non certifichiamo con nessun bollino le organizzazioni, ma andiamo alla ricerca di storie che possano dare evidenza del moto intenzionale di queste verso una certa direzione, sapendo che in questo procedere ci sono sempre elementi o fasi di maggior allineamento, forza e accelerazione che convivono con altri elementi più resistenti, lenti o meno funzionali.
 
Le informazioni e le storie presentate hanno lo scopo di ispirare attraverso pratiche, metodi e strumenti concreti che alcune organizzazioni utilizzano per mettere sempre più le persone al centro e fare della felicità una consolidata strategia organizzativa. 
I contenuti presentati riportano le testimonianze dirette di una, o di un piccolo numero di persone appartenenti alle organizzazioni a cui scegliamo di dare evidenza, dunque possono rappresentare una visuale parziale.
Decliniamo, quindi, ogni responsabilità per eventuali incoerenze tra ciò che viene descritto e il reale e ci teniamo a sottolineare che non sosteniamo né approviamo comportamenti diversi da quanto a noi dichiarato.

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