ARTICOLO
10.03.2025
Play at work #7 | Giocare per creare relazioni più autentiche in azienda
Di Lucia Berdini

10.03.2025
Play at work #7 | Giocare per creare relazioni più autentiche in azienda
Di Lucia Berdini
Siamo arrivati al settimo articolo della rubrica Play at Work, il nostro viaggio alla scoperta di come il gioco può trasformare il mondo del lavoro. Oggi ci addentriamo in un aspetto che mi è molto caro e che ha guidato in maniera forte tutta la mia ricerca ed esplorazione intorno al gioco, un aspetto che nessuna azienda può ignorare: le relazioni.
In ogni organizzazione, volenti o nolenti, ci si relaziona continuamente. Si negozia, si collabora, si discute, si sbaglia, si ricomincia. I processi aziendali non sono fatti solo di strategie, processi e obiettivi, ma di persone che si incontrano ogni giorno e cercano – con più o meno successo – di capirsi, di starsi accanto, di collaborare. E sappiamo bene che, se le relazioni non funzionano, tutto il resto inizia a scricchiolare: i conflitti si incancreniscono, la comunicazione si inceppa, la fiducia si sgretola.
Le ricerche di cui vi parlerò oggi sul workplace fun ci raccontano che i team che condividono momenti di gioco e divertimento sviluppano in maniera naturale una collaborazione più fluida, comunicano in modo più efficace e affrontano le sfide con maggiore creatività e resilienza. Scopriamo perché.
Cosa accade quando le aziende decidono di integrare momenti giocosi nella cultura organizzativa? Lo studio “Attitudes Toward Workplace Fun: A Three Sector Comparison” di Karl et al. (2007) ha cercato di rispondere proprio a questa domanda, analizzando l’impatto del workplace fun su fiducia, collaborazione e percezione dell’ambiente lavorativo.
Karl e il suo team hanno esaminato le attitudini dei dipendenti verso il divertimento sul lavoro in tre settori distinti: pubblico, non profit e privato. Per farlo, hanno raccolto dati da un ampio campione di lavoratori, chiedendo loro di valutare diverse attività considerate “divertenti” in azienda. L’obiettivo era capire non solo quanto il divertimento fosse apprezzato, ma anche se esistessero differenze settoriali nella percezione del gioco in ambito lavorativo.
I risultati hanno mostrato che, mentre l’atteggiamento generale nei confronti del divertimento era positivo in tutti i settori (maddai!), esistevano differenze significative nel modo in cui le attività ludiche venivano percepite e vissute dai dipendenti. Ad esempio, chi lavorava nel settore pubblico tendeva a valutare le iniziative di workplace fun come meno coinvolgenti rispetto ai colleghi del settore privato e non profit. Una possibile spiegazione potrebbe essere legata a una cultura organizzativa più rigida e formale e che quindi lascia meno spazio all’espressione giocosa dei singoli e della collettività (per chi conosce “Reinventare le organizzazioni” di F. Laloux sa che ci stiamo riferendo alle organizzazioni amber).
Il gioco è uno dei linguaggi universali con cui gli esseri umani esplorano, comunicano e costruiscono relazioni. Le ricerche di Stuart Brown, condensate nel libro “Play: How It Shapes the Brain, Opens the Imagination, and Invigorates the Soul” (2009), analizzano il ruolo del gioco nelle interazioni umane, dimostrando che è uno degli strumenti fondamentali per creare fiducia e connessione all’interno dei gruppi, compresi quelli aziendali.
Brown, fondatore del National Institute for Play, ha esaminato il comportamento giocoso in diversi contesti, studiando sia gruppi umani sia il modo in cui il gioco si manifesta nel regno animale. Ha analizzato casi di individui con carenza di esperienze giocose, e ha identificato delle correlazioni tra la mancanza di gioco e difficoltà relazionali, rigidità comunicativa e minor sviluppo dell’empatia. Attraverso interviste, osservazioni e ricerche neuroscientifiche, ha dimostrato come il gioco attivi circuiti neurali legati alla cooperazione, alla creatività e all’interazione sociale spontanea.
Uno degli aspetti più rilevanti della sua ricerca riguarda la capacità del gioco di abbassare le difese: quando le persone giocano, si sentono meno minacciate e più propense a interagire in modo autentico. Brown evidenzia che le relazioni più solide si sviluppano attraverso esperienze di gioco condivise, perché il gioco genera uno spazio di libertà in cui le persone possono sperimentare senza paura del giudizio.
Il messaggio della sua ricerca è chiaro: se vogliamo costruire relazioni più autentiche in azienda, dobbiamo creare spazi in cui il gioco sia non solo accettato, ma incentivato. Perché è proprio lì, nel gioco, che le persone si riconoscono, si fidano e imparano a lavorare insieme in modo più naturale ed efficace.
Un aspetto interessante dell’umorismo, spesso sottovalutato in ambito aziendale, è il suo ruolo cognitivo nella risoluzione dei problemi e nella costruzione di legami sociali. Lo evidenziano Hurley, Dennett e Adams (2011) nel loro libro Inside Jokes: Using Humor to Reverse-Engineer the Mind, in cui esplorano il funzionamento dell’umorismo dal punto di vista neuroscientifico e psicologico.
Secondo gli autori, il cervello umano utilizza l’ironia e il gioco per testare la coerenza delle informazioni, individuare incongruenze e affinare la capacità di pensiero critico. Ma c’è di più: ridere insieme ha un effetto profondo sulle dinamiche sociali, perché genera connessione e rinforza i legami tra le persone. Nel contesto lavorativo, questo significa che un team che condivide momenti di umorismo non solo affina le proprie capacità cognitive, ma sviluppa anche fiducia reciproca e una maggiore predisposizione alla collaborazione.
Tuttavia, come abbiamo già approfondito nell’articolo sul lato oscuro dell’umorismo in azienda, non tutto l’umorismo è positivo: battute fuori luogo, sarcasmo e dinamiche escludenti possono creare tensioni e compromettere le relazioni. Per questo motivo, è fondamentale coltivare un umorismo consapevole, capace di includere e rafforzare il team piuttosto che dividerlo. Se usato con intelligenza, l’umorismo diventa uno strumento potente per migliorare la comunicazione e rendere le relazioni più autentiche, evitando rigidità e creando un ambiente più aperto allo scambio e all’innovazione.
Un’altra lettura interessante sul tema è “The Complexity of Workplace Humour: Laughter, Jokers and the Dark Side of Humour” di Barbara Plester (2016)
Cosa rende alcune persone più socievoli, collaborative e capaci di affrontare le sfide quotidiane con leggerezza? René T. Proyer (2012), nel suo studio Examining Playfulness in Adults, ha cercato di rispondere a questa domanda esplorando il legame tra giocosità, personalità e benessere psicologico. Per farlo, ha condotto tre studi distinti coinvolgendo centinaia di partecipanti, sottoponendoli a questionari e test psicometrici per valutare la loro tendenza al gioco e la capacità di affrontare situazioni in modo creativo e positivo. I risultati? Le persone più giocose risultano essere anche le più estroverse, aperte e resilienti. Non solo tendono a creare relazioni più autentiche e armoniose, ma affrontano meglio lo stress e favoriscono un clima di lavoro più rilassato e produttivo.
Giocare in azienda non è solo un passatempo piacevole, ma un vero e proprio strumento per costruire relazioni autentiche e solide. Le ricerche che vi abbiamo mostrato dimostrano che il workplace fun rafforza la fiducia, migliora la comunicazione e favorisce la collaborazione tra colleghi, generando un ambiente lavorativo più gioioso, più umano, più felice.
Integrare il gioco nella cultura aziendale significa dare spazio a momenti di leggerezza che, paradossalmente, rendono più efficace anche la gestione delle sfide e delle tensioni quotidiane. Non si tratta di introdurre iniziative sporadiche o forzate, ma di coltivare un approccio giocoso che permei il modo in cui le persone si relazionano, risolvono problemi e innovano.
Forse la chiave per costruire team più coesi e organizzazioni più resilienti sta proprio qui: nel riscoprire, anche nel lavoro, quella spontaneità e quella curiosità che rendono il gioco una delle esperienze più potenti che possiamo condividere.
Dopotutto, se vogliamo che le nostre aziende prosperino, dobbiamo prima di tutto investire nelle persone. E quale modo migliore per farlo, se non creando contesti in cui il gioco diventi un motore di connessione, di crescita e di benessere collettivo?