ARTICOLO

26.06.2025

Happiness@Work Toolkit #5 | Agilità emotiva

Di Melania Puolo

Scopri l’Agilità Emotiva per ritrovare Felicità a lavoro

Tra lo stimolo e la risposta c’è uno spazio. In questo spazio risiede la nostra libertà e il nostro potere di scegliere la risposta. Nella nostra risposta risiedono la nostra crescita e la nostra libertà.”

– Viktor Frankl, neurologo, psichiatra e filosofo, sopravvissuto all’Olocausto.

 

Quante volte, a lavoro, ci sentiamo in balia delle emozioni? Un commento tagliente, una e-mail mal interpretata, una riunione che non va come speravamo… E in un attimo ci ritroviamo invasi dalla rabbia, dalla frustrazione, oppure dalla tristezza, dalla paura.

È proprio in questi momenti diventa importante la nostra capacità di essere emotivamente agili. L’agilità emotiva ci aiuta a interrompere questi automatismi e a ritrovare presenza.

Il libro “Agilità emotiva” della psicologa e ricercatrice Susan David è uno di quei testi a cui torno spesso e in questo articolo ci aiuterà a esplorare il territorio, tanto complesso quanto prezioso, delle emozioni, per scoprire come possiamo imparare ad accoglierle, anziché temerle. Perché solo così possiamo smettere di reagire in automatico e iniziare a vivere con maggiore intenzionalità, anche a lavoro.

La prima buona notizia è che l’agilità emotiva è un’abilità che possiamo apprendere: è la capacità di restare in contatto con ciò che proviamo senza esserne travolti, di fare spazio anche alle emozioni scomode e di scegliere come agire, in coerenza con chi vogliamo essere.

Ed è proprio questa coerenza tra emozioni, valori e azioni, che crea terreno fertile per allenare la nostra felicità a lavoro. Non la felicità del “Va tutto bene sempre”, ma quella che nasce dal sentirsi integri, autentici, capaci di navigare la complessità restando fedeli a se stessi, con consapevolezza e senso.

L’agilità emotiva ci accompagna proprio lì: dentro quello spazio di libertà in cui scegliamo ogni giorno chi vogliamo diventare. Anche in ufficio.

 

Attenzione alle trappole

Immagina questa scena: hai appena concluso una riunione importante e il tuo contributo è stato letteralmente ignorato. Ti senti travolto da rabbia e delusione, ti siedi alla scrivania con l’intenzione di concentrarti su una scadenza urgente. Una collega si avvicina e ti fa una domanda su un progetto condiviso. Le rispondi in modo secco, quasi infastidito. Lei si allontana sorpresa, con un’espressione ferita. E tu, pochi istanti dopo, vieni travolto da un’ondata di senso di colpa. Il tuo dialogo interno suona più o meno così: “Sono stato scortese, non riesco a gestire la pressione, di questo passo finirò per compromettere i rapporti con il team etc etc”.

Ecco, sei finito in trappola. Non è successo nulla di irreparabile, ma la tua mente ha costruito un copione, una storia, e tu ci sei cascato dentro.

Susan David chiama questo fenomeno “essere intrappolati”: identificarsi completamente con i propri pensieri ed emozioni, considerarle per verità assolute, e agire in automatico.

Ma non siamo i nostri pensieri. E non siamo nemmeno le emozioni che proviamo.

L’agilità emotiva non è positività a tutti i costi. È il tuo spazio di libertà.

Nei nostri uffici capita spesso di sentirsi sotto pressione per mostrare entusiasmo, motivazione, sorrisi ed energia, qualsiasi sia il nostro reale stato d’animo, anche quando ci sentiamo sopraffatti.

L’agilità emotiva ci offre una strada diversa: non ignorare ciò che proviamo, ma accoglierlo con consapevolezza e scegliere, in libertà, come rispondere. Non si tratta di attaccare etichette felici ai momenti difficili, ma di ascoltare le emozioni per ciò che sono: segnali, informazioni preziose che ci parlano di ciò che è importante per noi.

Facciamo un esempio.

Marco aspettava da 2 anni una promozione promessa e ormai certa. Quando scopre che il ruolo è stato assegnato a un altro collega senza aver ricevuto alcun feedback a riguardo, si sente invaso dalla rabbia. Il primo impulso di Marco è quello di reagire: scrivere un’e-mail accesa al suo manager oppure chiudersi in sé stesso.

Marco può scegliere di non agire di impulso, prendersi uno spazio per ascoltare quella rabbia con curiosità, per scoprire qualcosa di molto importante.

Marco può chiedersi: Cosa mi sta dicendo questa rabbia? Qual è il messaggio per me?”

E la risposta potrebbe arrivare chiara: “Per me l’impegno e la lealtà sono valori fondamentali. Con questa decisione sento che sono stati violati. Ho bisogno di sentire che il mio contributo è visto, che la mia crescita è presa sul serio.”

La rabbia lo sta informando che c’è un bisogno fondamentale inascoltato: riconoscimento. E a quel punto, può diventare carburante per mobilitare risorse positive.
Marco potrebbe decidere di chiedere un confronto con il suo manager per chiarire aspettative, raccogliere feedback onesto e co-costruire un piano di sviluppo futuro. Oppure riflettere su come valorizzare se stesso anche al di fuori della sua posizione o azienda attuale.

L’emozione è come un faro, che getta una luce lì dove abbiamo bisogno di guardare, ci informa di cosa è importante prendere in considerazione, quali sono quei valori o quei bisogni che chiedono attenzione.  E da lì possiamo decidere come rispondere, quali comportamenti agire, in linea con i nostri valori e i nostri obiettivi.

 

I 4 steps dell’agilità emotiva

Il modello che ci propone l’autrice si articola in quattro passi concreti, che possiamo allenare nella nostra quotidianità, anche in ufficio:

  1. Riconoscere le emozioni.

Nominarle è già trasformarle. Come ci insegnano le neuroscienze, dare un nome all’emozione ne abbassa l’intensità attivando le aree prefrontali del cervello, coinvolte nel pensiero critico e nella regolazione emotiva.

  1. Prendere le distanze.

Il passo successivo è osservare, pensieri ed emozioni, creando quello spazio tra lo stimolo e la risposta, che ci consentirà di muoverci verso il passo successivo.

  1. Seguire i propri valori o obiettivi

Quando ti fermi a scegliere come agire, fallo partendo da ciò che è davvero importante per te. Vuoi essere un leader autentico? Una collega empatica? Lascia che i tuoi valori o i tuoi obiettivi guidino le tue scelte nei momenti difficili, anche nelle piccole decisioni quotidiane.

  1. Agire con piccoli passi.

Non servono rivoluzioni. Il cambiamento sostenibile avviene con microazioni coerenti ripetute nel tempo.

Imbottigliatori e rimuginatori: due trappole emotive da riconoscere

Abbiamo visto che uno degli ostacoli principali all’agilità emotiva, è il modo automatico e poco consapevole con cui tendiamo a trattare le emozioni difficili. In particolare, Susan David individua due stili disfunzionali: gli imbottigliatori e i rimuginatori (bottlers e brooders).

Durante una riunione, Laura riceve una critica inattesa e severa dal suo responsabile. Laura sorride, annuisce, continua la riunione come se nulla fosse. Ma dentro si chiude a riccio, si dice “non è importante”, e va avanti come sempre… fino a quando magari esplode con un collega giorni dopo, per un piccolo dettaglio.

Imbottigliamo quando reprimiamo, minimizziamo o tendiamo a ignorare ciò che stiamo provando. In questo caso l’emozione viene vissuta come qualcosa da nascondere o da “gestire” o “controllare” razionalmente. Col tempo, però, questa pressione interiore può tradursi in stanchezza cronica, cinismo, distacco o scoppi improvvisi.

Marco riceve un feedback al meeting di review del progetto non positivo: esce dall’incontro ripensando a ogni parola del suo manager. “Come ho potuto fare quell’errore? Cosa penseranno gli altri? E se non riuscissi a fargli cambiare opinione su di me?”.

Passerà le serate successive a rimuginare, rileggendo mail, cercando conferme o preparando mentalmente la risposta perfetta che non ha avuto il coraggio di dare in riunione.

Quando rimuginiamo restiamo intrappolati nel loop della nostra mente: riviviamo, analizziamo, ricostruiamo mentalmente ogni dettaglio di ciò che è accaduto. La difficoltà è non saper lasciar andare. L’attenzione si blocca sulla causa dell’emozione, spesso con auto-giudizi severi e pensieri ripetitivi. Questo stile amplifica la sensazione di disagio e può portare a una forma di “paralisi da iperanalisi”.

Cosa possiamo fare in questi casi? Come abbiamo visto, possiamo allenare la consapevolezza emotiva: riconoscere ciò che si prova, accoglierlo senza giudizio e poi scegliere cosa farne, in coerenza con i propri valori. In una parola: agilità.

 

Agilità emotiva: 3 strumenti da sperimentare subito

Il diario delle emozioni
A fine giornata, prenditi qualche minuto per scrivere tre emozioni che hai provato e cosa le ha scatenate. Rifletti: quali informazioni ti hanno dato? Hai reagito con il pilota automatico o hai scelto consapevolmente come comportarti?

La pausa consapevole
Quando senti che qualcosa ti attiva particolarmente, fai un respiro profondo. Poi chiediti: “Quale comportamento scelgo intenzionalmente di agire? Quale valore decido di onorare in questa situazione?”

Il punto di scelta
Nota quando stai per reagire. È lì che puoi inserire intenzionalità. Puoi restare fedele a una vecchia storia o agire secondo chi desideri diventare.

L’agilità emotiva è un atto di cura e di gentilezza verso se stessi. È la capacità di restare integri e saldi anche quando le onde del lavoro (e della vita) ci scuotono. Non possiamo evitare le emozioni, non possiamo neanche controllarle. Possiamo invece imparare a danzarci insieme.

 

Ritrovare felicità al lavoro, una scelta alla volta

Allenare l’agilità emotiva è una pratica quotidiana che ci permette di riallinearci, ogni volta, con ciò che conta davvero per noi. E in questo riallineamento risiede il seme della felicità, quella che nasce dalla coerenza tra ciò che sentiamo, ciò che facciamo e ciò in cui crediamo.

Quando impariamo a fare spazio alle emozioni, anche a quelle scomode, scopriamo che non sono lì per ostacolarci, ma per guidarci. Diventano un invito a prenderci cura dei nostri bisogni, a onorare i nostri valori e ad agire in modo più consapevole, libero, autentico. Questo spazio di scelta, che, come abbiamo visto, si apre ogni volta che smettiamo di reagire in automatico, è il terreno fertile su cui può germogliare un nuovo rapporto con il nostro lavoro: più autentico, più sostenibile, più significativo.

Perché in fondo, come ci ricorda l’autrice, non siamo qui per controllare ogni emozione o vivere una vita “perfetta”, ma per attraversarla con coraggio, presenza e verità. E quando il lavoro diventa il luogo in cui possiamo farlo, anche un lunedì mattina può diventare uno spazio di scelta e libertà.

La vita non è un piano perfetto da seguire, ma una conversazione continua tra ciò che accade e chi vogliamo essere.”

Susan David

 

Se hai voglia di passare dalla teoria alla pratica e iniziare a coltivare uno spazio di scelta nelle tue giornate lavorative, puoi fare un passo in più e scaricare i fogli di lavoro che trovi qui.

Scaricali qui!


HR, Talent & People Care Advisor, sono CHO certificata, esperta di People Development e di sviluppo di ambienti di lavoro orientati al benessere. Come Business & Career Coach, accompagno le persone in percorsi di scoperta e valorizzazione delle proprie potenzialità, per disegnare traiettorie professionali in armonia con i propri valori e obiettivi. Lettrice compulsiva, amo la fotografia e i film che ribaltano le prospettive.

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