ARTICOLO

10.03.2025

Generazioni a confronto: come è mutato il concetto di felicità nel tempo?

Di Giada Greco

Felicità: Stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato. (Treccani)

Una semplice definizione, una parola, otto lettere, un’etimologia tanto lineare quanto complessa, da sempre materia di studio, nonché quesito morale e filosofico dell’uomo sin dall’alba dei tempi.

Ci si interroga spesso sul suo reale significato, che è estremamente variabile da individuo a individuo e si arricchisce di sfaccettature e sfumature nel corso del tempo, in base a eventi sociali e culturali, fenomeni di massa, tendenze, credenze, e via discorrendo.

Vista spesso come fine ultimo della vita, come traguardo o metro di valutazione del proprio successo o benestare, questa parola cela infinite vie ed interpretazioni.

 

FELICITÀ E GENERAZIONI A CONFRONTO

Innumerevoli sono le definizioni attribuite e attribuibili a questo concetto, tuttavia alcuni quesiti restano sempre molto ‘’caldi’’:

Come vede la felicità una persona della silent generation, rispetto ad un boomer?

È vero che le nuove generazioni sono anche le più esposte ad una costante infelicità?

Partiamo dalle basi.

Il concetto di ‘’generazione’’ fa riferimento a due elementi chiave: il periodo di nascita e tutto l’insieme di valori, eventi ed esperienze che accomuna un gruppo di individui.

Ad oggi, possiamo contare all’incirca sette generazioni: trovi un approfondimento dettagliato in questo articolo di Matteo Ficara.

Come abbiamo visto,  la costante è il cambiamento socio-culturale; tuttavia si delinea un punto focale all’interno di questa breve e semplicistica schematizzazione: il ruolo delle emozioni in ciascuna generazione. Abbiamo annate di puro pessimismo, travagliate dal dolore della guerra e della carestia, altre volte all’ottimismo, prospere ed abbondanti, nel culmine dell’evoluzione tecnologica e demografica, altre ancora tediate da dubbi e domande che pesano sul cuore e sulla coscienza.

 

CHE RUOLO GIOCA LA FELICITÀ IN CIASCUNA GENERAZIONE?

Quesiti come ‘’Esiste una generazione più felice di un’altra?’’ o ‘’Quale, tra le varie generazioni, è la più triste?’’ vengono spesso posti a chi si occupa di felicità, con l’idea di poter tracciare in qualche modo una sorta di grafico per comprendere meglio il passato, correggere e gestire al meglio il presente e mettere solide basi per un futuro migliore. Una risposta vera e assolutista non c’è, ma in nostro soccorso abbiamo una risorsa preziosa: i report, corredati di dati e statistiche, che sono in grado di fornirci un’idea dell’andamento generale del tema.

Un esempio pratico? Il World Happiness Report, uno strumento utile per confrontare il livello di felicità tra diversi paesi e per capire quali fattori contribuiscono al benessere delle persone. Il rapporto viene pubblicato ogni anno intorno al 20 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Felicità.

Secondo il WHR del 2024 possiamo infatti apprendere che le persone nate prima del 1965 sono – tendenzialmente – più felici di quelle nate successivamente al 1980.

Questo risponde in parte ad una delle domande di cui sopra, nonostante vi siano infinite variabili e dare una risposta netta risulterebbe alquanto semplicistica.

Inoltre, va bene inteso che un dato simile non è in grado di rappresentare l’opinione di un’intera generazione, pertanto i dati vanno sempre contestualizzati e interpretati nella giusta misura.

Scavando ulteriormente tra i vari report sul tema, possiamo affermare tuttavia, che la generazione Z risulta essere quella più infelice: l’iper connessione, la hustle-culture (lavorare fino allo stremo per poter raggiungere la perfezione) e le condizioni socio-economiche, così come i temi di natura sociale e ambientale, sembrerebbero essere elementi estremamente allarmanti. Una scarsa fiducia verso il futuro renderebbe i GenZ sempre più demotivati e disillusi, forse più dei loro predecessori.

Una svolta interessante c’è, in tutto questo: pare infatti che vi sia una maggiore propensione verso movimenti virtuosi che richiamano – in parte – i valori delle precedenti generazioni, quelle dei genitori e dei nonni: valori come il ritorno alla socialità e ai circoli, le attività manuali e intellettuali, la filosofia dell’under-consumption (che si contrappone all over-consumption e al fast-fashion) e dell’amore per i mercatini dell’usato e del vintage, sembrano dare nuova linfa a questi giovani, sempre più ispirati dai ‘’bei vecchi tempi’’ che non hanno potuto vivere, ma di cui mistificano e romanticizzano gli aspetti più sani, come il ritorno alla semplicità e alle connessioni di valore.

Insomma, la lotta contro un sentimento di scoraggiamento a favore di positività e ottimismo per un futuro migliore sembra dare qualche speranza verso segni di futura ripresa.

La Generazione Alpha persegue gli stessi ideali? Solo il tempo potrà dircelo, al momento ogni considerazione risulterebbe prematura.

 

LA MIA OPINIONE DA GENZ?

Da GenZ, cresciuta a pane, Game Boy e primi accenni di digitalizzazione, ho un’idea tutta mia di felicità.

 Piccolo disclaimer: la felicità è, come già sappiamo, un concetto estremamente soggettivo e delineato da esperienze vissute, bias cognitivi e molto altro, ciò significa che la mia visione non è quella di tutti i miei coetanei.

Detto ciò, reputo che la felicità sia un concetto estremamente sfuggevole e che vada ricercata nelle piccole cose del quotidiano e osservata attraverso l’occhio innocente di un bambino: solo allora potrà essere trovata e assaporata, che sia sottoforma di un buon libro, un abbraccio, un sorriso o anche solo un pensiero di gratitudine.

Le cose che mi rendono felice, alla soglia dei quasi 30 anni, sono semplici: la mia tazza di caffè fumante la mattina, svegliarmi con il mio gatto sul petto, passare del tempo di qualità con gli affetti, ma anche realizzare che sto crescendo, invecchiando e maturando.
Nonostante quest’ultimo punto mi spaventi – e non poco -, credo sia il corso inevitabile delle cose, che si misura  attraverso la consapevolezza.

Ciò che mi rende felice oggi è molto distante da ciò che mi rendeva felice anni fa, e reputo che anche questo sia un indicatore di quanto la felicità muti con e attraverso noi nel corso della vita.

Per concludere, ecco alcune delle risposte di amici di varie generazioni alla domanda ‘’Che cosa significa per te la parola felicità? E al netto delle tue considerazioni, ad oggi, ti senti felice?’’

 

Daniele, 43 anni

‘’La felicità è un’immagine complessa, darne una definizione non è per me semplicissimo. Quei momenti, quelle istantanee di felicità non sono sempre state classificabili in un’unica dimensione.

Felicità è stato raggiungere un dato obiettivo che mi ero preposto, come che so, passare bene l’esame di storia romana. ma la felicità è stato, ed è ancora, approfondire la materia che mi piace. In entrambi o casi, tutto il resto non esisteva più. Felicità è stata una magnifica giornata in montagna, circondati dalla neve, una condizione che i cagliaritani non vivono mai. La neve ci ha fatto tornare bambini, letteralmente. Tutto il resto non esisteva più.

Felicità è anche risvegliarsi dopo un incubo per accorgersi che appunto era soltanto un brutto sogno. Tutto il resto perde di importanza.

Alla luce di questi tre esempi mi verrebbe da dire che l’unico comune denominatore che trovo in queste istantanee è il formarsi di una bolla, uno stato di quiete, che isola dal mondo e dal tempo quotidiano, distacca da tutto e unisce al qui e ora. Per questo penso che la felicità non possa essere facilmente uno stato d’animo perenne, almeno nel mio caso.

Per quanto riguarda la seconda domanda direi che la risposta, molto semplicemente, sia “no”.’’

Emidio, 23 anni
‘’Per me la felicità è oziare, fare ciò che piace perché SI VUOLE fare, e amare se stessi. Il concetto negli anni è cambiato perché associamo la felicità a ciò che ci dà ricompense concrete, come ad esempio lavorare e ricevere lo stipendio. Ad oggi, non mi reputo felice’’

Anna, 29 anni
‘’Da piccola credevo che la felicità dovesse essere assoluta, che se tutta la tua vita non girava ‘’bene’’ la vera felicità non poteva essere raggiunta. Crescendo mi sono resa conto che per essere felice i tasselli non devono essere tutti al loro posto. Che davvero ci sono alcune banalità che mi rendono felice da matti. Che pretendere che tutto sia ok in tutti gli ambiti della vita è utopia e che per essere felici bisogna ancorarsi al presente e smetterla di pensare ad un futuro remoto o a rimuginare sul passato”.

Giorgia, 21 anni
‘’La felicità è una sorta di salvagente creato dagli esseri umani per non sprofondare nella tristezza. Quella speranza che qualcosa, prima o poi, andrà meglio. Ad oggi, non mi reputo felice’’.

Anonimo, 37 anni
‘’Per me la felicità significa poter fare quello che mi va di fare senza che le pressioni mi opprimono. Penso che da un lato, questa cosa sia molto migliorata negli anni, perché oggi siamo più liberi di scegliere il percorso che più ci piace, ma dall’altro abbiamo un sacco di pressione sociale che si genera dai social e dalle aspettative che gran parte del mondo si aspetta da noi. Io, ad oggi, mi sento felice’’.

Marta, 27 anni
‘’Ad essere sincera, non credo che il mio concetto di felicità sia cambiato troppo negli anni. Io credo tanto, e ho sempre creduto, nelle piccole cose e sono quelle che mi rendono felice. Per questo mi sento fortunata e in generale mi reputo una persona felice, sempre con alti e bassi ma è giusto che sia così. Mi sembra una risposta troppo semplice però per me è davvero così.’’

Roberto, 35 anni

‘’Felicità per me è avere la possibilità di fare ciò che ami e stare con chi ami senza aspettative. Negli ultimi anni ho cominciato a formare il mio concetto di felicità, fino a pochi anni fa non potevo neanche pensare di meritare di essere felice. Ad oggi non sono completamente felice: nel mondo del lavoro è una giungla dove ci si sbrana per sopravvivere, non per vivere. Noi esseri umani invece dovremmo valutare un’ esistenza più pacifica con l’un l’altro. In compenso fuori dal lavoro riesco ad essere più felice perché sto con una persona che amo e che mi ama, e ho tanti amici a cui tengo molto e che tengono a me.’’

Mirko, 29 annir

‘’La felicità per me è stare con le persone con le quali non penso più a nulla, stacco completamente la spina. Felicità è fare musica. Ad oggi, mi reputo abbastanza felice, anche se qualcosa manca sempre (come l’amore del nonno che mi è venuto a mancare pochi mesi fa).’’

Tito, 25 anni

‘’La vera felicità ad ora l’ho provata un paio di volte, anche se non ho mai pianto di gioia ci sono stati dei momenti che mi hanno fatto ‘’la vecchia’’ lasciandomi sulle ginocchia per quanto fossi felice, vorrei però specificare che io non voglio essere sempre felice, ma ne sento la mancanza molto spesso. D’altronde la felicità non è un’emozione, secondo me, ma è più la conseguenza di una scelta: rispetto ad altre emozioni che sono la risposta della nostra mente a cose che ci succedono la felicità è il risultato delle cose che facciamo.’’

 

Dunque esiste un concetto universale di felicità? Sì e no. Si potrebbe dire che l’elemento comune è, paradossalmente, rappresentato dalla soggettività. La felicità è uno stato, un percepito che muta e continuerà a mutare, oggi più di ieri, acquistando sempre più nuovi sensi.

 


Giada Greco, HR Strategist, CHO e Content Writer di giorno e gamer, lettrice accanita e progettista di sogni di notte. Mi giostro quotidianamente tra il mio lato analitico e pratico e quello creativo, con l’obiettivo di guidare le organizzazioni verso un cambiamento positivo… un sorriso alla volta.

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