EDITORIALE
09.01.2025
Intelligenza artificiale ed evoluzione umana: il secolo “definitivo”
Di Simone Rosati
Né distopico, né utopico… definitivo. Un secolo in cui saremo costretti a fare scelte “definitive”, scelte che avranno impatti significativi su ogni aspetto della società. Saremo in grado di farlo? La possibilità esiste, ma serve impegno e costanza vista la velocità delle innovazioni tecnologiche… Vicini alla verticalità della famosa curva esponenziale, Ray Kurzweil ci avverte:
“nel nostro secolo, in 100 anni di storia faremo esperienza di ben 20.000 anni di progresso tecnologico. 200 giorni di progresso tecnologico al giorno, circa…”
Questa evoluzione ci pone davanti a incredibili opportunità e rischi significativi. Da una parte, la tecnologia ci offre strumenti sempre più potenti, dall’altra, restiamo ancorati a strutture di pensiero e sociali che faticano a gestire eticamente queste innovazioni.
La tradizionale e abissale differenza tra l’adozione massiccia di tecnologie “esteriori” (ruota, aratro, freccia ed arco fino ad arrivare ai nostri smartphone) e l’adozione massiccia delle tecnologie “interiori” (le antiche tecniche di memoria, le pratiche meditative, le tecniche di gestione dello stress e di gestione emotiva…) è diventata un gap finalmente, ed in modo drammatico, un tema impossibile da ignorare.
Ecco ad esempio alcune autorevoli riflessioni:
- Edward Wilson ci chiarisce che abbiamo ancora emozioni paleolitiche, organizzazioni medievali e god-like technologies
- Tristan Harris parla giustamente di “wisdom gap”: una disparità immensa tra l’accrescimento di complessità esteriore e l’impoverimento della nostra capacità interiore di gestione della stessa.
Di fronte a queste sfide e dilemmi una risposta che vorrei condividere e che sto sperimentando è la “Human Tech Synergy”, un approccio che unisce le migliori qualità umane alla potenza dell’intelligenza artificiale.
Sì, esatto: le migliori qualità umane, non semplicemente la nostra “umanità”.
Dire che la tecnologia debba essere piú umana non significa nulla ed è fuorviante. Hitler era umano.
Arnold Toynbee, il grande storico dell’avventura ultra millenaria dell’essere umano sulla terra, riassume i suoi infiniti anni di studio definendo la caratteristica principale umana la seguente: la vastità della sua gamma morale.
“L’essere umano gioca la sua partita su un continuum abissale che va dal demoniaco alla santità. L’intelligenza artificiale è “potenza generativa senza scopo” in mano a noi umani che, appunto, scorrazziamo allegramente e da tempo immemorabile su quel continuum.”
La “scommessa” della Human Tech-Synergy è questa: utilizzare l’IA come risorsa sia per alleggerire le nostre ingolfatissime vite professionali sia per accelerare la nostra crescita umana: una “doppia ala” per volare alto nel secolo definitivo. Una scommessa, appunto, non una promessa che mira ambiziosamente a migliorare gradualmente la nostra società, a patto che noi umani impariamo a interagire con essa in modo profondo e consapevole.
Proprio qui entra in gioco il concetto di prompting, una modalità di dialogo con l’IA che richiama l’antica tradizione della maieutica socratica, rendendo questo processo un momento di crescita reciproca tra uomo e macchina. Il prompting è o, meglio, può diventare, la riedizione inaspettata e ben celata di un processo umanistico meravigliosamente arcaico: l’intelligenza profonda che anima la capacità di fare domande intelligenti.
Un approccio del genere non si limita a migliorare la produttività, ma mira anche a incrementare il benessere psicologico e sociale. Integra le più recenti scoperte nel campo delle intelligenze multiple, offrendo un nuovo paradigma di collaborazione uomo-macchina perché l’IA non è né da idolatrare né da temere, ma da comprendere e usare come uno strumento per stimolare nuove forme di intelligenza collettiva.
La sfida è creare una sinergia virtuosa tra l’essere umano e la tecnologia. Questo significa guardare all’IA come a un facilitatore della crescita sociale, invitando ciascuno di noi a un utilizzo consapevole della tecnologia, per arricchire non solo la nostra vita individuale, ma anche quella collettiva. Solo così possiamo realmente costruire una società sostenibile, capace di crescere senza smarrire il senso di umanità e coesione sociale.
Un approccio del genere salta coraggiosamente la grande polarizzazione di “umanesimo snob” da un lato e “tecnocrazia gelida” dall’altro e pone al centro di questa faziosità una antica “posta in gioco”: una vita costruita sulle 4 grandi virtù di bellezza, verità, bontà e produttività.
L’accelerazione tecnologica del XXI secolo ci pone di fronte alla questione cruciale di come gestire eticamente l’enorme potere delle nuove tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. La sfida, infatti, non è tecnica ma profondamente umana.
L’IA è uno strumento potente, ma la sua applicazione dipende dalla saggezza con cui la utilizziamo.
“Ciò che chiamiamo “umanità”, non basta: abbiamo bisogno della migliore parte di noi stessi.”
In questa direzione, troviamo 2 grandi studiosi, Martin Seligman e Christopher Peterson, che ci regalano una bussola per orientare il nostro viaggio nel futuro. Con il loro Character Strengths and Virtues: A Handbook and Classification (2004), costruiscono una cattedrale psicologica con sei colonne portanti: saggezza, coraggio, umanità, giustizia, temperanza e trascendenza. Sei virtù che non solo reggono l’umano ma che possono guidare anche l’intelligenza artificiale verso il suo miglior sé. Ecco le sei colonne e alcuni sprazzi di applicazione al mondo tech ed all’AI.
La Saggezza, regina delle virtù, in bilico tra conoscenza e intuizione, è la capacità di navigare il mare della complessità con le vele di esperienza e bussole etiche. Pensiamo a Socrate, che trasformava le domande in fari, o a Marie Curie, che scoprì il radio, illuminando la scienza e salvando vite. E ora pensiamo alla saggezza applicata, ad esempio, ai droni, a quella sorta di robot alati! Possono seminare distruzione o, saggiamente, piantare semi d’albero in terre bruciate. E l’IA? Con algoritmi che consigliano corsi online personalizzati, la saggezza trasforma la noia in apprendimento e l’ignoranza in sapere. Qui la saggezza fa scoccare la scintilla che accende sia la produttività che la crescita interiore.
Il Coraggio, quella virtù che affronta tempeste con schiena dritta e cuore saldo. Nelson Mandela ci ha insegnato a sfidare l’ingiustizia e Rosa Parks ha dimostrato che sedersi può essere un atto di immensa forza. E l’IA? Quando identifica violazioni dei diritti umani attraverso i suoi occhi digitali, agisce con la stessa temerarietà. Potremmo ad esempio sviluppare chatbot che aiutano le vittime di violenza domestica, perché no?
L’Umanità, una scintilla di bontà che pulsa nei gesti più semplici. Madre Teresa accarezzava il dolore altrui, Fred Rogers trasformava la gentilezza in un linguaggio universale. E la tecnologia che diventi più umana? Ad esempio la telemedicina che abbatte le distanze, portando cure empatiche nelle case più isolate. Oppure una GPT o agente le cui risposte altamente empatiche sono già realtà nei servizi di supporto psicologico. L’IA non diventa fredda macchina, ma una spalla amica.
La Giustizia, quella dea bendata che veglia sull’equilibrio del mondo e che faceva sognare e costruire a Martin Luther King un mondo senza barriere e ha ispirato Eleanor Roosevelt a dar voce ai diritti universali. E oggi, dov’è? L’IA che può correggere bias razziali nei suoi algoritmi di riconoscimento facciale è un esempio di giustizia in codice binario. Pensiamo poi ai sistemi HR che possono essere costruiti per valutare candidati senza pregiudizi: qui l’equità non è solo un sogno, ma un processo automatizzato.
La Temperanza, la virtù del “non troppo, non troppo poco” che guidava Gandhi nel mostrare a tutti noi che il vero potere sta nella disciplina, mentre supportava Jane Addams nell’insegnare moderazione anche nella lotta sociale. E noi poveri umani del XXI secolo persi nei social? La temperanza può essere implementata in strumenti tecnologici che limitano il tempo speso online per riportare un sano equilibrio nelle nostre vite. Una GPT o agente può essere costruita per suggerirci pause strategiche, come una sorta di maestro zen digitale. La produttività può incontrare il benessere e generare armonia.
La Trascendenza, sì, addirittura questo: l’arte di vedere il tutto in un singolo frammento. Leonardo da Vinci guardava il cielo e immaginava il volo; Florence Nightingale curava ferite, guarendo anche l’anima. L’IA può analizzare dati climatici per salvare il pianeta, trasformando numeri in speranza e agenti IA possono aiutarci enormemente a creare progetti comunitari che uniscono persone e idee per scopi elevati. Qui non lavoriamo solo per oggi, ma per un domani che vale la pena sognare.
Per far sì che l’IA possa veramente esprimere le migliori virtù umane, dobbiamo superare un ostacolo cruciale del nostro tempo: la polarizzazione. Come ci insegna Barry Johnson con la sua teoria delle polarità, il problema non è scegliere tra uomo o tecnologia, tra umanesimo o intelligenza artificiale, ma imparare a navigare tra queste due dimensioni. Polarizzare significa viziare il dibattito, ridurlo a fazioni che vedono solo i propri pro e gli altrui contro. Ma il XXI secolo, con la sua complessità, ci invita a un nuovo mindset: il passaggio dall’out-out al sia-sia.
Le polarità non sono una minaccia, ma una forza creativa, come giorno e notte, come inspirazione ed espirazione. Non saperle gestire porta a conflitti sterili; saperle armonizzare apre possibilità infinite. Così, l’equilibrio tra umanesimo e tecnologia diventa la chiave per risolvere i problemi più complessi della nostra epoca.
Applicare la saggezza alle polarità significa accogliere l’IA non come nemico dell’umanità, ma come alleata. Significa usare il coraggio per affrontare le paure che derivano dal nuovo, l’umanità per mantenere l’etica al centro, la giustizia per garantire equità, la temperanza per evitare eccessi e la trascendenza per non perdere mai di vista il nostro scopo più alto: migliorare non solo ciò che facciamo, ma ciò che siamo. Solo così, in equilibrio, possiamo trasformare la tecnologia in una forza per la crescita collettiva e personale.
La sfida etica dell’intelligenza artificiale è al centro del nostro tempo. Se riusciamo a colmare il “wisdom gap” e a evitare la polarizzazione tra umano e macchina, possiamo creare una sinergia virtuosa che non solo migliora la nostra vita quotidiana, ma contribuisce a costruire una società più saggia e felice. L’IA è un potente strumento che, se utilizzato con consapevolezza, può amplificare le qualità migliori dell’essere umano e promuovere una nuova era di collaborazione e crescita collettiva.
Leggi tutto il paper per approfondire come possiamo effettivamente creare una sinergia pratica tra essere umano e tecnologia, integrando in maniera efficace le potenzialità dell’IA nella nostra vita quotidiana, senza perdere di vista le nostre qualità umane fondamentali. In particolare:
- Il prompting come maieutica contemporanea
- Le intelligenze multiple
- Le sfide etiche e sociali: distrazione cronica e stress cronico; polarizzazione sociale; privacy e della sicurezza; disuguaglianze socio-economiche
- Opportunità e scenari futuri della sinergia Human-Tech: educazione trasformativa e apprendimento continuo; salute e benessere mentale; collaborazione creativa e innovazione; inclusione e giustizia sociale; empowerment individuale e crescita personale
- Il lavoro del Futuro: intelligenza collettiva e leadership distribuita
- Verso una sinergia più profonda: tecnologie tangibili ed Intangibili in dialogo
- Tecnologia e Delega: il pericolo della delocalizzazione del potenziale umano; il futuro (possibile) della tecnologia: felicità, bellezza, apprendimento e libertà
- La Scelta come sfida definitiva del XXI Secolo