ARTICOLO

17.09.2019

Come si riconosce un’azienda felice

Di Monica Paliaga

Sappiamo dalle ricerche e dalla letteratura in materia di Happiness management e Positive Organization che le aziende che considerano la felicità dei loro dipendenti come una priorità strategica sono in grado di realizzare una maggiore produttività e hanno un miglior rendimento economico.

Nella mia esperienza di coach, Genio Positivo e CHO con team ed organizzazioni ad alto potenziale e successo ho potuto osservare una serie di caratteristiche che contraddistinguono questo tipo di realtà da altre più convenzionali. Te ne faccio di seguito una carrellata con l’obiettivo di invitarti a riflettere su quanto appartengono anche alla tua visione del lavoro e all’organizzazione in cui lavori.

Le organizzazioni felici si prendono cura della sfera psico-emotiva dei propri dipendenti, lasciano che siano loro ad identificare gli obiettivi da raggiungere e questo senso di autonomia genera non solo una maggiore responsabilità ma anche felicità e produttività.

Nelle aziende felici l’equilibrio tra lavoro e vita, non è solo uno slogan. Tale condizione è resa possibile dalla flessibilità degli orari e dalla possibilità di lavorare dove si vuole, anche in considerazione della necessità delle donne di conciliare le esigenze domestiche con quelle professionali.

E’ recente la notizia che Microsoft ha sperimentato nella sede di Tokyo la settimana lavorativa di 4 giorni su 2.300 dipendenti e il risultato è stato un aumento di produttività del 39,9% ma è anche il caso di Tower Paddle Boards, l’azienda che ha accorciato l’orario di lavoro ad appena 5 ore giornaliere, ha visto una crescita degli introiti del 40% ed è stata inserita tra le 5mila aziende americane cresciute più velocemente.

Le organizzazioni positive hanno capito che i soldi e la carriera non bastano più per assicurare coinvolgimento e motivazione: ecco perché accanto a tutta una serie di benefits che lavorano sulla soddisfazione dei bisogni, si prendono cura delle persone esprimendo apprezzamenti e riconoscimenti; offrendo opportunità di formazione, sviluppo personale e culturale, non solo tecnico; sono attente al clima che si respira in azienda, favorendo e coltivando rapporti interpersonali basati su comprensione, rispetto, gentilezza, supporto e sinergia.

Come si fa a realizzare tutto questo?

Per quanto ho potuto osservare, non esistono aziende felici che non hanno “leader positivi”capaci di gestire i team creando le condizioni ideali per la loro fioritura personale e collettiva. Questi leader rompono il modello mentale del capo che comanda e controlla e si preoccupano invece di:

  • amalgamare il proprio team condividendo obiettivi e informazioni, facendo sentire ogni persona parte di un “tutto” dotato di un senso;
  • motivare le persone individuando i talenti di ognuno e offrendo occasioni di crescita personalizzata;
  • potenziare la comunicazione interpersonale positiva e non violenta, favorendo una cultura dell’errore e del feedback, orientata allo sviluppo della cooperazione.

L’azienda felice è infine un’azienda che sa leggere la realtà e mettersi in gioco, soprattutto con le nuove generazioni. Le ricerche ci dicono infatti che se c’è un aspetto su cui la Generazione Z (quella dei nati tra il 1996 e il 2000) non è disposta a scendere a patti quello è la felicità, appunto.

In una ricerca dal titolo What the World’s Young People think and feel emerge come la nuova generazione metta la felicità al centro di tutto. Lo studio spiega anche cosa significa per un giovane essere felice. I fattori che determinano la felicità sono soprattutto le relazioni umane con amici e famiglia ma anche il sentirsi soddisfatti nello studio e nel lavoro (questa è la risposta dell’89% degli intervistati).

Insomma, se i Millennial sono ancora disposti a sacrificare la loro vita per le necessità aziendali, la Generazione Z sembra molto più concentrata sul proprio benessere e questo lancia un guanto di sfida alle aziende: se vogliono attirare i talenti migliori devono organizzarsi per offrire loro un ambiente di lavoro sereno.

La felicità può tirare fuori il meglio delle persone e generare risultati per il business a patto però che sia considerata una priorità strategica. Per questo è importante che ci sia un focus specifico che può essere offerto da un ruolo come il Chief Happiness Officer, una figura professionale che integra le competenze e le sensibilità dei ruoli HR con competenze e visioni più legate al business e all’integrazione sistemica, per realizzare quella coerenza tra iniziative di welfare o politiche di sviluppo delle persone, processi organizzativi, stili di leadership e cultura dell’organizzazione che è alla base del successo e della sostenibilità dell’azienda nel tempo.

E la tua azienda, è pronta per la felicità?

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