ARTICOLO
02.11.2016
Come il corpo ti parla per prendersi cura di Te
Di Daniela Di Ciaccio

02.11.2016
Come il corpo ti parla per prendersi cura di Te
Di Daniela Di Ciaccio
Quando la ferita brucia la tua pelle si farà. Sopra il giorno di dolore che uno ha.
Ligabue
Vi è mai capitato di svegliarvi con un fastidio fisico in qualche parte del corpo, apparentemente insignificante, ma che rende praticamente impossibile e dolorosi anche i più semplici movimenti? Tipo un mal di testa che non vi fa concentrare, il torcicollo o il mal di schiena che vi costringono ad alzarvi dal letto all’alba, anche se è domenica e avete solo voglia e necessità di riposare un po’ di più.. Oppure un dolore al ginocchio, che vi costringe a rinunciare non solo alle serate danzanti con gli amici, ma anche a quelle due o tre ore di palestra a settimana, che vi servono per evadere dalla pesantezza delle giornate lavorative..
Niente succede per caso, figurarsi il dolore. A me, ad esempio, è successo che qualche giorno fa mi sono svegliata provando un terribile fastidio al gomito. Più passavano le ore, più questa sensazione si espandeva lungo tutto l’avambraccio, sopra e sotto. Cosa accade abitualmente in queste situazioni? Vogliamo smettere di soffrire, stoppare questo dolore perché ci impedisce di vivere normalmente la nostra vita, quindi cosa facciamo? Io, in passato, prendevo subito una medicina; la mia formula era: “una bella spalmata di Voltaren e magari una Tachipirina e tutto si risolve. Pronti via, nuova come prima!” Succedeva anche che sparito un dolore al collo, magari il mese dopo compariva un fastidio allo stomaco e poi alla lombare o l’insonnia e così via.. in un circolo di piccoli frequenti dolori quotidiani. Ho deciso quindi di smettere di prendere dei farmaci alla prima comparsa dei sintomi (stiamo parlando di piccoli fastidi e dolori chiaramente, non di patologie serie e conclamate!) e provare a fare come ci dicevano le nostre nonne in passato, quando avevamo il raffreddore: una bella tazza di latte caldo col miele e qualche giorno di riposo al calduccio del nostro letto. Che fare quindi con questo dolore al gomito? Parlo con alcuni amici e mi suggeriscono che potrebbe trattarsi di epicondilite. Io non ne ho mai sofferto, così inizio a leggere e ad informarmi e scopro che è una patologia a cui si riferiscono anche come “gomito del tennista”. Mi viene da sorridere, io non ho mai giocato a tennis, né fatto particolari sforzi simili con questo braccio. Indago altrove, cerco altre informazioni: apro il libro di Metamedicina, il quale riconduce questo tipo di sintomo ad una somatizzazione della difficoltà ad accettare un cambiamento o ad un’incertezza sulla direzione verso la quale muoversi.. Mhmm..interessante!
Inizio a percepire qualcosa che si agita nei miei pensieri, anche se solo confusamente, come se improvvisamente una folata di vento abbia piazzato una nuvola nera carica di pioggia proprio sopra di me, pronta a scaricare la sua bomba d’acqua, mentre sono beatamente sdraiata a prendere il sole e godermi un momento di pace sulla sabbia calda. Fisso la nuvola che mi sta portando via quel bel tepore e spero che passi in fretta, così come è arrivata, intanto però è là. Piove o non piove, scappo via o resto? Fingere che quella nuvola non ci sia è impossibile e, se la ignorassi, potrei trovarmi in mezzo a un temporale – e magari finire anche fulminata da un lampo! Fuggire via di corsa, come per scappare da un terremoto che mi sta facendo franare il tetto addosso, sarebbe esagerato, troppo impulsivo e anche poco efficace, perché in fin dei conti, non siamo ai tropici, qui non si generano tornado, la strada è vicina, ho tutto il tempo per andare, se dovessi andare. Se.. appunto, come decidere? Farmaco si o farmaco no? Ignorare il fastidio o preoccuparsi seriamente?
“Ci vuole calma e sangue freddo”, risuonava la melodia di un giovane cantante di qualche anno fa; “La calma è la virtù dei forti”, ammonisce un famoso proverbio e “Keep calm” è diventato una sorta di mantra contemporaneo da social network, per esorcizzare in maniera ironica le nostre paure, fragilità, debolezze o per sostenerci e motivarci alla “sopportazione”. Ma la calma, o la pazienza, è un concetto un po’ più vasto di quanto crediamo e siamo abituati a fare mediamente e si riferisce alla capacità di posticipare la reazione alle avversità e avere nei confronti delle stesse un atteggiamento neutro, che significa “accettare” il dolore, resistere alla tentazione di sopprimerlo subito, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività più esplosiva.
Calma, quindi, ma anche lucidità e “presenza”. Attraverso le diverse esperienze della mia vita, positive e negative, ho capito che queste sono le tre migliori virtù da allenare e praticare, non solo di fronte al dolore e alle avversità, ma in generale per fare le scelte giuste, uscire dal caos, dalle situazioni incerte o di confusione mentale. Mai agire di impulso, sotto la spinta di un eccessivo entusiasmo o della paura; mai perdere il contatto con il momento e l’esperienza attuale, presente. Se state pensando che sia difficile, è così, io per prima non posso di certo dirmi di essere arrivata, non mi considero un’illuminata e infatti ho l’epicondilite Però so che non è impossibile e mi alleno, tento alcune strade che mi aiutano e che voglio condividere con voi.
Per calmarmi ad esempio respiro, a lungo e profondamente e dopo pochi minuti sento che il mio corpo è più rilassato. Per rimanere lucida sospendo e interrompo la tempesta di pensieri, che inevitabili affollano la mia mente ma non mi aggancio ad essi, cerco di non dar seguito al filo intricato con cui vorrebbero irretirmi, prendo atto che son lì ma non li giudico, e dopo qualche secondo mi rendo conto dei pro e contro di alcuni di essi. Così riporto la mia attenzione su ciò che mi circonda, utilizzando i 5 sensi, osservando, ascoltando, provando ad intercettare profumi, sentendo gusti, toccando.. Recuperare l’esperienza sensoriale è il modo in cui pratico la “presenza”.
Per ritornare al mio dolore al braccio.. cosa significa tutto questo? Come mi ha aiutato questo esercizio? Non ho preso chiaramente farmaci e ho scelto di ascoltare questo dolore, ma senza martirio In attesa degli effetti di una pomata omeopatica, che ovviamente impiegherà più tempo a svolgere la sua azione, cerco e attuo strategie alternative che forse, chissà, mi consentiranno di capire qualcosa in più e realizzare qualche nuovo apprendimento. In base a quale principio? Chi pratica yoga, segue la medicina cinese o ayurvedica, è appassionato di psicologia energetica, Reiki etc.. sa che a volte il dolore fisico è solo un messaggio che il corpo ci manda per segnalarci che stiamo perdendo di vista la nostra strada, come un estremo SOS che il corpo ci lancia per invitarci a fermarci, a fare il punto della situazione emotiva, dei nostri sogni, delle nostre energie. Tutto ciò che non risolviamo o blocchiamo a livello emotivo o dei pensieri si può incastrare nei meandri del nostro corpo e trasformare in un malessere fisico. E allora approfitto di questo malessere per capire se c’è un’emozione che sto reprimendo, un bisogno a cui non sto dando voce, una situazione che non sto digerendo o gestendo come meriterebbe. Cosa fare in concreto? Provare..
Io ad esempio, per alleggerire la sofferenza, ho iniziato ad utilizzare meno il braccio destro (il dolore è infatti al gomito destro) e qui già avviene la prima “illuminazione”: il braccio destro è controllato dall’emisfero sinistro, che è il nostro cervello “razionale, logico”. Tento l’interpretazione: se il blocco del braccio destro equivale ad uno stop dell’emisfero sinistro, non è che il mio cervello sinistro vuole una pausa? Vuoi vedere cioè che è uno stop forzato rispetto alla super attività mentale che ha caratterizzato questo mio ultimo anno, per via dello studio e del lancio di 2bhappy? In fondo è da qualche settimana che dico che inizio ad avvertire una certa stanchezza mentale, che vorrei riposarmi e “svagarmi” un po’, ma poi finisce che non mi fermo mai, perché 2bhappy va consolidata, perché se mi fermo non guadagno, perché perché perché.. E allora vuoi vedere che è il cervello sinistro che si ferma, mi ferma? E decide per il mio bene che è tempo di fare una pausa e per farmi capire il messaggio mi manda quel dolore al gomito destro, per cui sono costretta a scrivere meno al computer, e a fare semplicemente meno..
Continuando ad osservare ed ascoltare il corpo, mi accorgo anche che per non fermarmi del tutto, inizio ad utilizzare il braccio sinistro, con molta fatica per chi è destrorso.. e qui accade la magia. Nella difficoltà a fare le cose più semplici, aumento la concentrazione su queste cose, come quando devo lavarmi i denti. Mi accorgo che non sono abituata, che la mano sinistra non va veloce e sciolta come l’altra, che questo gesto ha bisogno di attenzione e coordinamento mente-corpo in ogni singolo micromovimento e che quindi la mente è tutta lì, in quel gesto, in quel momento! Ecco la magia: lavarsi i denti con la mano sinistra diventa una pratica di mindfulness! Erano giorni che ragionavo sul “qui e ora”, su come trovare esempi facili per far comprendere alle persone il concetto di presenza e vivere l’adesso.. Interrogavo la mia mente su questo argomento e la risposta è arrivata in forme del tutto inimmaginabili.. attraverso il mio dolore al braccio destro. Ma gli effetti positivi vanno ancora oltre: la stimolazione del mio emisfero destro (il cervello creativo, il sognatore) indotta attraverso un aumento dell’attività del braccio sinistro, ha sicuramente acceso nuove sinapsi (i collegamenti tra i neuroni); il mio cervello ha cioè iniziato a connettere neuroni in maniera nuova, diversa dal solito. Mi sono immaginata nuove strade che si accendevano nella mia rete neurale, nuovi percorsi per collegare informazioni che prima erano distanti, sconnesse e ora potevano unirsi.. E sono sicura che è per questo motivo, che stamattina, ho avuto un’esplosione di creatività e progettualità, per dar forma ad un nuovo sogno con Marco, mio marito, non solo immaginandolo, ma iniziando a vederlo anche negli elementi concreti, pragmatici, di risorse, priorità e azioni da mettere in campo, che adesso vanno messe in fila.
E mentre Marco riposava, io me ne sono stata zitta, ferma, immobile per quasi un’ora, davanti al sole sul divano, a godere di questa meravigliosa sensazione di pienezza o felicità, che è il frutto della calma, della lucidità, della presenza e soprattutto della “realizzazione consapevole” che da un dolore al braccio, quindi da uno stato di sofferenza,ho potuto innescare un processo di trasformazione creativa, che mi ha portato fino al cuore delle mie passioni (il mare, il viaggio, la cultura, le persone, la condivisione con Marco), per indirizzarle verso uno scopo che darà un senso quotidiano al mio agire, pensare, vivere, quindi ad uno stato di felicità.
E sono pronta a scommettere che da domani il dolore al gomito sparirà!